Cesare Pavese – Ritorno di Deola
da “Poesie del disamore”, Einaudi Editore, 1951
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Bill Evans – Quiet Light
Fotografie: Édouard Boubat, Rui Palha
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Torneremo per strada a fissare i passanti
e saremo passanti anche noi. Studieremo
come alzarci al mattino deponendo il disgusto
della notte e uscir fuori col passo di un tempo.
Piegheremo la testa al lavoro di un tempo.
Torneremo laggiù, contro il vetro, a fumare
intontiti. Ma gli occhi saranno gli stessi
e anche i gesti e anche il viso. Quel vano segreto
che c’indugia nel corpo e ci sperde lo sguardo
morirà lentamente nel ritmo del sangue
dove tutto scompare.
Usciremo un mattino,
non avremo più casa, usciremo per via;
il disgusto notturno ci avrà abbandonati;
tremeremo a star soli. Ma vorremo star soli.
Fisseremo i passanti col morto sorriso
di chi è stato battuto, ma non odia e non grida
perché sa che da tempo remoto la sorte
– tutto quanto è già stato o sarà – è dentro il sangue,
nel sussurro del sangue. Piegheremo la fronte
soli, in mezzo alla strada, in ascolto di un’eco
dentro il sangue. E quest’eco non vibrerà più.
Leveremo lo sguardo, fissando la strada.
Una poesia difficile da apprezzare se la si ascolta semplicemente come un prodotto esteticamente poetico. Ma se l’ascoltiamo con il peso con cui Pavese l’ha scritta portando sulle spalle la triste esperienza del confino in un paesetto ben lontano dalle sue tradizioni, allora sì. sentiremo tutto il suo dolore d’essere solo, d’essere “””stato battuto””” e cammineremo insieme a lui lungo quelle strade deserte di un paesello che non offre nessuna attrattiva se non quella di guardare incuriositi e sospettosi il forestiero che piega “la fronte in mezzo alla strada” senza odiare e senza gridare.
Ma non voglio chiudere questo commento senza evidenziare come tu abbia dato un’intonazione interrogativa ai versi “Ma gli occhi saranno gli stessi / e anche i gesti e anche il viso” sottolineando ancora di più il dubbio che tormentava l’anima di Pavese. Grazie di questa scelta difficile, Luigi.
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stupenda e a me molto cara! amo Pavese sempre. riesce a restituirmi il senso del vivere anche se difficile e mi evidenzia le contraddizioni che non vorremmmo mai far vedere! bravissimo bravissimo
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Ti ringrazio per questo tuo commento che sottilinea molto bene le emozioni, i turbamenti trasmessi da Pavese, del quale ricorre a fine mese il 70° dalla morte tragica. Sto preparando una lettura delle ultime righe del Diario, “Il mestiere di vivere”, che pubblicheró il 27. Buona domenica, Matilde!
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Buona domenica anche a te e ti ascolterò molto volentieri il 27! Leggere come leggi tu e’ come rivivere le parole ed è emozionante!
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❤
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🌺
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