Sono bella, o mortali, come un sogno di pietra
e i miei seni, in cui tutti vanno a turno a ferirsi,
sono fatti per ispirare al poeta un amore
silenzioso ed eterno come la materia.
Sfinge incompresa, troneggio nell’azzurro;
unisco un cuore gelido al candore dei cigni;
odio il movimento che scompone le linee
e non piango e non rido.
I poeti, dinnanzi alle mie pose solenni
che sembrano imitare i più fieri monumenti,
consumeranno i loro giorni in studi severi
perché ho, per attrarre questi docili amanti, specchi puri che fanno ogni cosa più bella i miei occhi, i miei occhi luminosi d’eterno.
Fu la mia giovinezza una tempesta oscura traversata qua e là da soli luminosi. Tuono e pioggia hanno fatto tali disastri che restano nel giardino pochi frutti vermigli. Ecco già ho toccato l’autunno delle idee e occorrerà usare pala e rastrello per rimettere in ordine le terre inondate dove l’acqua ha scavato buche come tombe. E forse i nuovi fiori da me ancora sognati troveranno nel suolo lavato come un greto il mistico alimento che dia loro vigore? — O dolore! o dolore! rode il Tempo la vita e l’oscuro Nemico, che ci rosicchia il cuore col sangue che perdiamo, cresce e si fortifica!
CHARLES BAUDELAIRE – LES FLEURS DU MAL SPLEEN ET IDÈAL X L’ENNEMI
Lu par Luigi Maria Corsanico
Richard Wagner – Lohengrin Prelude Act 1}
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Ma jeunesse ne fut qu’un ténébreux orage,
Traversé çà et là par de brillants soleils ;
Le tonnerre et la pluie ont fait un tel ravage
Qu’il reste en mon jardin bien peu de fruits vermeils.
Voilà que j’ai touché l’automne des idées,
Et qu’il faut employer la pelle et les râteaux
Pour rassembler à neuf les terres inondées,
Où l’eau creuse des trous grands comme des tombeaux.
Et qui sait si les fleurs nouvelles que je rêve
Trouveront dans ce sol lavé comme une grève
Le mystique aliment qui ferait leur vigueur ?
— Ô douleur ! ô douleur ! Le Temps mange la vie,
Et l’obscur Ennemi qui nous ronge le coeur
Du sang que nous perdons croît et se fortifie !
Debussy: Petite Piece. Richie Hawley, Clarinet Brian Connelly, Piano
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I FIORI DEL MALE SPLEEN E IDEALE
LXXVI LA MUSICA
La musica talvolta m’avvolge come un mare! E dispiego le vele sotto un cielo di nebbia o negli spazi immensi verso la mia stella pallida. Con il petto in avanti, gonfiando i miei polmoni di pesante tela salgo e discendo sui crinali di grandi monti di acque sonore; sento vibrare in me le identiche passioni di una nave che soffre; il vento favorevole, uragani e tempeste sull’oscuro baratro mi cullano, e talvolta la calma, — grande specchio della mia disperazione!
Uomo libero, sempre amerai il mare! È il tuo specchio il mare: ti contempli l’anima nell’ infinito muoversi della sua lama. E il tuo spirito non è abisso meno amaro. Divertito ti tuffi in seno alla tua immagine, l’abbracci con lo sguardo, con le braccia e il cuore a volte si distrae dal proprio palpitare al bombo di quel pianto indomabile e selvaggio. Siete discreti entrambi, entrambi tenebrosi: sconosciuto, uomo, il fondo dei tuoi abissi, sconosciute, mare, le tue ricchezze intime, tanto gelosamente custodite i segreti! E tuttavia ecco che vi combattete da infiniti secoli senza pietà né rimorso, a tal punto amate le stragi e la morte, o lottatori eterni, o fratelli implacabili!
Quando il cielo basso e cupo pesa come un coperchio
sullo spirito gemente preda di eterna noia,
e coprendo per intero il cerchio dell’orizzonte,
ci muta in nero un giorno più triste della notte;
Quando la terra si muta in una cella umida
dove la Speranza, simile a un pipistrello,
se ne va battendo i muri con le ali timide
e urtando con la testa contro soffitti marci;
Quando la pioggia dispiegando le sue immense scie
imita le sbarre di una grande prigione
e un popolo silenzioso di schifosi ragni
tende le sue tele in fondo ai nostri cervelli,
campane tutt’a un tratto scoppiano con furia e lanciano verso il cielo urla raccapriccianti come spiriti erranti e senza patria che si mettono a gemere insistenti. — E vecchi funerali, senza tamburi né musica, lentamente sfilano nella mia anima; e la Speranza piange come vinta, la dispotica Angoscia, sul mio cranio reclinato pianta il suo vessillo nero.
Abbiamo letti pieni di profumi leggeri,
divani profondi come le tombe,
e sugli scaffali i fiori più strani
schiusi per noi sotto bellissimi cieli.
Consumando al massimo il loro calore
Due fiaccole saranno i nostri due cuori
Che rifletteranno le loro doppie luci
Negli specchi gemelli dei nostri due spiriti.
In una sera rosa e di mistico blu
Ci scambieremo un unico bagliore
Come un lungo singhiozzo carico di addii.
E subito un Angelo dischiudendo le porte Verrà a rianimare, fedele e gioioso, gli specchi offuscati e le fiamme morte.
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XCIX LA MORTE DEI POVERI
È la Morte che consola e la Morte che fa vivere.
È scopo della vita ed è la sola speranza
Che, divino elisir, c’inebria e ci pervade
E ci dona la forza d’arrivare sino a sera.
Attraverso la tempesta e la neve e il gelo
è il chiaro che vibra all’orizzonte nero,
è l’albergo famoso annotato sul libro
dov’è possibile sfamarsi, e dormire e sedersi.
C’è un Angelo che tiene tra le dita magnetiche
il sogno e il dono di estatici sogni
e apparecchia il letto dei poveri e nudi.
È la gloria di Dio, è il granaio mistico, è la borsa del povero e la sua patria antica, è il portico aperto su Cieli sconosciuti.
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C LA MORTE DEGLI ARTISTI
Quante volte dovrò scuotere il mio sonaglio
E baciare la tua fronte bassa, triste caricatura?
Per cogliere nel segno di mistica natura
Quante frecce perdere, o mia faretra?
Affaticheremo la nostra anima in sottili complotti
e spesso demoliremo la pesante armatura
prima di contemplare la grande Creatura
che colma di singhiozzi il desiderio infernale!
Coloro che non hanno mai conosciuto il loro Idolo,
scultori dannati e marchiati d’infamia
che vanno martellandosi il petto e la fronte
non hanno altra speranza, Campidoglio triste e strano!
Che la Morte planando come un nuovo Sole,
faccia sbocciare i fiori del loro cervello!
Charles Baudelaire Elevazione Traduzione di Marcello Comitini da “Spleen e Ideale”, in “I fiori del male”
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Adagio – Domenico Zipoli (extrait) Hautbois: Pierre Pierlot, violoncelle: Bernard Fonteny, orgue: Anne-Marie Beckensteiner, ORCHESTRE DE CHAMBRE JEAN-FRANCOIS PAILLARD, CONDUCTOR: Jean-Francois Paillard
Fotografie di L.M.Corsanico
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III
ELEVAZIONE
Al di sopra di laghi e di montagne,
del mare, dei boschi e delle nuvole,
al di sopra del sole, oltre lo spazio,
al di là dei confini delle sfere celesti
navighi, mio spirito con agilità.
Nuotatore eccellente che gode dell’onda,
solchi allegramente l’immensità profonda
con un’indicibile e maschia voluttà.
Innàlzati ben lontano dai miasmi pestiferi
vai a purificarti nell’aria superiore,
e bevi, come liquore puro e divino,
il limpido fuoco degli spazi cristallini.
Abbandonando le noie e le profonde tristezze
che rendono pesante l’esistenza brumosa,
felice colui che può con ali vigorose
slanciarsi verso campi luminosi e sereni,
colui i cui pensieri, simili alle allodole,
liberi si slanciano verso i cieli al mattino,
– chi plana sulla vita e comprende senza sforzo
il linguaggio dei fiori e delle cose mute!