Francesco Petrarca Canzoniere(1336-1374) XXXV – Solo et pensoso
Edizione di riferimento: Il Canzoniere, a cura di Giancarlo Contini, Einaudi, Torino 1964
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Francesco da Milano (1497 – 1543) Ricercare 51 Trond Bengtson, liuto rinascimentale
Andrea del Castagno, Francesco Petrarca, particolare del Ciclo degli uomini e donne illustri, affresco, 1450, Galleria degli Uffizi, Firenze
Arnold Böcklin (1827 – 1901) Petrarca an der Quelle von Vaucluse (particolare)
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XXXV
Solo et pensoso i piú deserti campi vo mesurando a passi tardi et lenti, et gli occhi porto per fuggire intenti ove vestigio human l’arena stampi. 4
Altro schermo non trovo che mi scampi dal manifesto accorger de le genti, perché negli atti d’alegrezza spenti di fuor si legge com’io dentro avampi: 8
sí ch’io mi credo omai che monti et piagge et fiumi et selve sappian di che tempre sia la mia vita, ch’è celata altrui. 11
Ma pur sí aspre vie né sí selvagge cercar non so ch’Amor non venga sempre ragionando con meco, et io co llui. 14
Francesco Petrarca – Canzoniere Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Edizione di riferimento: Il Canzoniere, a cura di Gianfranco Contini, Einaudi, Torino 1964
Francesco da Milano (1497 – 1543) Canone a due liuti Jean-Marie Poirier Thierry Meunier
Arnold Böcklin (1827 – 1901) Petrarca an der Quelle von Vaucluse (particolare)
Andrea del Castagno, Francesco Petrarca, particolare del Ciclo degli uomini e donne illustri, affresco, 1450, Galleria degli Uffizi, Firenze
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Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core
in sul mio primo giovenile errore
4 quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,
del vario stile in ch’io piango e ragiono,
fra le vane speranze e ’l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
8 spero trovar pietà, non che perdono.
Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
11 di me medesmo meco mi vergogno;
e del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,
e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
14 che quanto piace al mondo è breve sogno.
Pagina miniata da un manoscritto di scuola fiorentina delle opere del Petrarca, realizzato per Federico III da Montefeltro, duca di Urbino, 15° secolo. Madrid, Biblioteca nacional
FRANCESCO PETRARCA Canzoniere, CXXXIV, 1336-1374 Edizione di riferimento: Il Canzoniere, a cura di Giancarlo Contini, Einaudi, Torino 1964
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Francesco da Milano (1497 – 1543) Ricercare 51 Trond Bengtson, liuto rinascimentale
Immagini:
Andrea del Castagno, Francesco Petrarca, particolare del Ciclo degli uomini e donne illustri, affresco, 1450. Galleria degli Uffizi, Firenze
Petrarca e Laura De Noves, Scuola veneziana, c. 1510
Pagina miniata da un manoscritto di scuola fiorentina delle opere del Petrarca, realizzato per Federico III da Montefeltro, duca di Urbino, 15° secolo. Madrid, Biblioteca nacional
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Pace non trovo, et non ò da far guerra; e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio; et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra; et nulla stringo, et tutto ’l mondo abbraccio.
Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra, né per suo mi riten né scioglie il laccio; et non m’ancide Amore, et non mi sferra, né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.
Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido; et bramo di perir, et cheggio aita; et ò in odio me stesso, et amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido; egualmente mi spiace morte et vita: in questo stato son, donna, per voi.
Francesco Petrarca Canzoniere Francisci Petrarchae laureati poetae Rerum vulgarium fragmenta CXXVI, Chiare, fresche et dolci acque Lettura di Luigi Maria Corsanico
Georg Friedrich Händel, Lascia ch’io pianga
Andrea del Castagno, Francesco Petrarca,
particolare del Ciclo degli uomini e donne illustri, affresco, 1450,
Galleria degli Uffizi, Firenze
John William Waterhouse, particolare da “Eco e Narciso”, 1903
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Chiare, fresche et dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir’ mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;
herba et fior’ che la gonna
leggiadra ricoverse
co l’angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:
date udïenzia insieme
a le dolenti mie parole extreme.
S’egli è pur mio destino,
e ’l cielo in ciò s’adopra,
ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda,
qualche gratia il meschino
corpo fra voi ricopra,
e torni l’alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo:
ché lo spirito lasso
non poria mai in più riposato porto
né in più tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata et l’ossa.
Tempo verrà anchor forse
ch’a l’usato soggiorno
torni la fera bella et mansüeta,
et là ’v’ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disïosa et lieta,
cercandomi: et, o pieta!,
già terra in fra le pietre
vedendo, Amor l’inspiri
in guisa che sospiri
sì dolcemente che mercé m’impetre,
et faccia forza al cielo,
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da’ be’ rami scendea
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior’ sovra ’l suo grembo;
et ella si sedea
humile in tanta gloria,
coverta già de l’amoroso nembo.
Qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch’oro forbito et perle
eran quel dì a vederle;
qual si posava in terra, et qual su l’onde;
qual con un vago errore
girando parea dir: Qui regna Amore.
Quante volte diss’io
allor pien di spavento:
Costei per fermo nacque in paradiso.
Così carco d’oblio
il divin portamento
e ’l volto e le parole e ’l dolce riso
m’aveano, et sì diviso
da l’imagine vera,
ch’i’ dicea sospirando:
Qui come venn’io, o quando?;
credendo esser in ciel, non là dov’era.
Da indi in qua mi piace
questa herba sì, ch’altrove non ò pace.
Se tu avessi ornamenti quant’ài voglia,
poresti arditamente
uscir del boscho, et gir in fra la gente.