Paul Éluard – La mia morte vivente Ma morte vivante Traduzione di Vincenzo Accame da “Paul Éluard, Ultime poesie d’amore” Passigli Poesia, 1996 da “Le Phénix”, 1951, in “Derniers poèmes d’amour” Seghers, Paris, 1963
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Henri Martinie – Nusch y Paul Éluard, 1935
Paul Hindemith – Trauermusik for Viola and Strings (1936) Yuri Bashmet, viola
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Nel mio dolore nulla è in movimento Di quello che io stesso sono stato Attendo nessuno verrà Né di giorno né di notte né mai piú I miei occhi si sono separati dai tuoi occhi Perdono la fiducia perdono la luce La mia bocca si è separata dalla tua bocca La mia bocca si è separata dal piacere E dal senso dell’amore e dal senso della vita Le mie mani si sono separate dalle tue mani Le mie mani lasciano sfuggire tutto I miei piedi si sono separati dai tuoi piedi Non avanzeranno piú non ci sono piú strade Non conosceranno piú né il peso né il riposo Mi è concesso di veder finire la mia vita Con la tua La mia vita è in tuo potere Che ho creduto infinita E l’avvenire la mia sola speranza è il mio sepolcro Identico al tuo circondato da un mondo indifferente Ero cosí vicino a te che ho freddo vicino agli altri.
Paul Éluard (1895-1952) Tu te lèves… (Facile) 1935
Lu par Luigi Maria Corsanico
Anne W Brigman The Bubble, 1907. Source
Scriabin – Prelude Op. 15, No. 4 in E major
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Tu te lèves l’eau se déplie
Tu te couches l’eau s’épanouit
Tu es l’eau détournée de ses abîmes
Tu es la terre qui prend racine
Et sur laquelle tout s’établit
Tu fais des bulles de silence dans le désert des bruits
Tu chantes des hymnes nocturnes sur les cordes de l’arc-en-ciel,
Tu es partout tu abolis toutes les routes
Tu sacrifies le temps
À l’éternelle jeunesse de la flamme exacte
Qui voile la nature en la reproduisant
Femme tu mets au monde un corps toujours pareil
Le tien
Paul Éluard – T’amo da “Paul Éluard, Ultime poesie d’amore” Passigli Poesia, 1996 Traduzione di Vincenzo Accame
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Willy Ronis, Gli innamorati della Bastiglia, 1957
Francis Poulenc Novelette No.3 in E minor [Jiang Yi Lin]
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T’amo per tutte le donne che non ho conosciuto
T’amo per tutte le stagioni che non ho vissuto
Per l’odore d’altomare e l’odore del pane fresco
Per la neve che si scioglie per i primi fiori
Per gli animali puri che l’uomo non spaventa
T’amo per amare
T’amo per tutte le donne che non amo
Sei tu stessa a riflettermi io mi vedo cosí poco
Senza di te non vedo che un deserto
Tra il passato e il presente
Ci sono state tutte queste morti superate senza far rumore
Non ho potuto rompere il muro del mio specchio
Ho dovuto imparare parola per parola la vita
Come si dimentica
T’amo per la tua saggezza che non è la mia
Per la salute
T’amo contro tutto quello che ci illude
Per questo cuore immortale che io non posseggo
Tu credi di essere il dubbio e non sei che ragione
Tu sei il sole forte che mi inebria
Quando sono sicuro di me.
Paul Éluard – Poter dire tutto (Pouvoir tout dire) “Dignes de vivre pouvoir tout dire” Septembre 1950 – Tchou Editeur Traduzione di Marcello Comitini
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Erik Satie: Ogives Reinbert de Leeuw
Tutto sta nel dire tutto e io non ho parole E non ho tempo e non ho l’audacia Sogno ed espongo a caso le mie immagini Ho vissuto male e male ho appreso a parlare chiaro
Dire tutto le rocce la strada e i selciati Le strade e i loro passanti i campi e i pastori La lanugine della primavera la ruggine dell’inverno Il freddo e il caldo che compongono un solo frutto
Voglio mostrare la folla e ogni uomo in dettaglio Con ciò che gli dà forza e che lo fa disperare E sotto le sue stagioni d’uomo tutto ciò che egli illumina La sua storia e il suo sangue la sua storia e il suo dolore
Voglio mostrare la folla immensa separata La folla compartimentata come in un cimitero E la folla più forte della sua ombra impura Che ha infranto le sue mura che ha sconfitto i suoi padroni
La famiglia delle mani la famiglia delle foglie E l’animale errante senza personalità Il fiume e la rugiada feconde e fertili La giustizia in piedi la felicità ben impiantata
La felicità di un bambino saprò mai dedurla Dalla sua palla o dalla sua bambola o dal bel tempo E la felicità di un uomo avrò mai la fermezza Di dirla secondo la moglie e i suoi figli
Sarò mai in grado di chiarire l’amore e le sue ragioni La sua tragedia di piombo la sua commedia di paglia I gesti meccanici che lo rendono quotidiano E le carezze che lo rendono eterno
E sarò mai capace di mettere insieme il raccolto Al letame proprio come si fa con la bellezza Potrò paragonare il bisogno al desiderio E l’ordine meccanico all’ordine del piacere
Avrò mai abbastanza parole per liquidare l’odio Per l’odio sotto l’ ala enorme delle collere E mostrare la vittima che schiaccia i carnefici Saprò colorare la parola rivoluzione
L’oro libero dell’alba in occhi sicuri di sé stessi Nulla gli somiglia tutto è nuovo tutto è prezioso Sento piccole parole divenire massime L’intelligenza è semplice al di là delle sofferenze
Come saprò mai dire quanto io sia contro le manie assurde create dalla solitudine Ho rischiato di morire senza potermi difendere Come ne muore un eroe legato imbavagliato
Ho rischiato d’essere dissolto corpo cuore spirito Senza forme e anche con tutte le forme Di cui si circondano marciume e decadimento E compiacenza e guerra indifferenza e crimine
Poco mancò che i miei fratelli non mi dessero la caccia Mi sono affermato senza capire nulla della loro lotta Credevo di cogliere nel presente più di quanto lui non possedesse Ma non avevo alcuna idea dell’indomani
Alla fin fine, devo tutto ciò che sono Agli uomini che hanno saputo cosa contiene la vita A tutti gli insorti che controllano i loro strumenti E controllano il loro cuore e si stringono la mano
Uomini continuamente tra umani senza una piega Un canto che sale e dice quello che sempre si dice Coloro che indirizzano il nostro futuro contro la morte Contro i sotterranei dei nani e dei pazzi.
Potrò mai dire infine che si è aperta la porta Della cantina dove le botti proiettano la loro massa scura Sulla vigna o il vino imprigiona il sole Usando le parole dello stesso viticoltore
Le donne sono scolpite come l’acqua o la pietra Tenere o troppo integre dure o leggere Gli uccelli passano attraverso altri spazi Un cane domestico si trascina alla ricerca di un vecchio osso
La mezzanotte non ha più eco che per un uomo molto vecchio Che rovina il suo tesoro in canzoni banali Anche questa ora della notte non è persa Io mi addormenterò solo se altri si svegliano
Potrò mai dire che niente vale la giovinezza Mostrando il solco dell’età sulla guancia Niente vale la sequenza infinita di riflessi Iniziando dall’impeto di semi e fiori
Iniziando da una parola schietta e cose reali La fiducia andrà senza idea di ritorno Io voglio che si risponda prima di chiedere E nessuno parlerà una lingua straniera
E nessuno avrà voglia di calpestare un tetto Incendiare le città seppellire i morti Perché avrò tutte le parole che giovano a costruire E che fanno credere nel tempo come unica fonte
Bisognerà ridere ma rideremo di salute Rideremo di essere fraterni in ogni momento Saremo buoni con gli altri come lo si è Con sé stessi quando si ama d’essere amati
I brividi delicati lasceranno posto alle onde Della gioia di esistere più fresca del mare Niente ci farà più dubitare di questo poema Che scrivo oggi per cancellare ieri.
Paul Éluard, Pouvoir tout dire, 1950 (Traduzione di Marcello Comitini)