Federico García Lorca Divano del Tamarit 1927/1934 Gazzelle VIII. Gazzella della morte oscura
Interpretazione di Luigi Maria Corsanico
Francisco Tárrega Preludios en Re menor (Endecha y Oremus) Oh Seung Kook, chitarra
Disegno originale di García Lorca
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Voglio dormire il sonno delle mele,
allontanarmi dal tumulto dei cimiteri.
Voglio dormire il sonno di quel bimbo
che voleva spezzarsi il cuore in alto mare.
Non voglio che mi ripetano che i morti non perdono il sangue;
che la putrida bocca seguita a chiedere acqua.
Non voglio sapere i martìri che dà l’erba
né la luna dalla bocca di serpente
che lavora prima dell’alba.
Voglio dormire un istante, un istante,
un minuto, un secolo;
ma che tutti sappiano che non sono morto;
che c’è una stalla d’oro sulle mie labbra;
che sono il piccolo amico del vento dell’ovest;
che sono l’ombra immensa delle mie lacrime.
Coprimi all’aurora con un velo,
perché mi rovescerà addosso pugni di formiche,
e bagna con acqua forte le mie scarpe
perché faccia scivolare la pinza del suo scorpione.
Perché voglio dormire il sonno delle mele per apprendere un pianto che mi sbarazzi della terra; perché voglio vivere con quel bimbo oscuro che voleva spezzarsi il cuore in alto mare.
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da: Federico García Lorca Tutte le poesie e tutto il teatro A cura di Claudio Rendina e Elena Clementelli Edizioni integrali con testo spagnolo delle poesie a fronte Newton Compton editori
Seduto da solo al tavolino del bar senza ambizioni né desideri triste e quieto penso alle sale d’attesa piene di sogni altrui e le ricopio in versi sul foglio del mio pensiero. Nelle lunghe giornate di sole seguo il vostro passarmi accanto come vigili mummie dai visi riarsi, le ragazze con le labbra assetate d’amore che ridono eternamente giovani e i bambini vocianti che mangiano un gelato alla fragola. Ma in fondo alla strada è il vento lieve come una farfalla che mi porta il profumo della natura e un interminabile tramonto nel susseguirsi delle stagioni. In compagnia del silenzio sento il lento scrosciare della pioggia sul selciato e nella notte sotto lo sguardo muto dei lampioni il sonno delle vetrine sbarrate dalle serrande mi ricorda come sono stati i miei anni. Nulla intorno mi distrae dal pensare alle speranze ingannatrici del mio passato ai sogni inutili di un futuro immaginato. Il vecchio Ribeiro che mi sta di fronte sul suo alto monumento di marmo si compiace delle sue trovate argute e si congeda con un sorriso ironico. Quando il sole brilla pesante nell’azzurro qualcuno sorridendo mi siede accanto finge di conversare con me e mi chiede come mai le mie parole ardono ancora tra incanto e cupa contemplazione. Con il braccio poggiato sul tavolino taccio come una cosa dimenticata che vede in sé stessa la disperazione del nulla. Prima di allontanarsi mi stringe la mano sospesa tra il cuore e la mente come un airone che porta via i sentimenti verso un cielo dove si mescolano illusioni e dolore. Non posso guardarvi negli occhi e se potessi vi guarderei senza vedervi. E se vi vedessi quanto lontano sarei dai vostri pensieri! Nel bronzo che m’imbalsama il corpo nell’immobile parvenza di vita il mio cuore paziente come il ragazzo che spesso ho rimpianto palpita ancora per vendicarsi d’averlo negato con la stessa passione con cui si nega Dio. Mi levo l’ampio cappello augurandovi buon sole e la pioggia se necessaria.
“Blog hedonista”, che in un nanosecondo riesce a mettere 36 likes ad altrettante mie letture, che richiederebbero un paio d’ore di ascolto…Dovrei ringraziare, ricambiare magari superando il record?
Thomas Stearns Eliot Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock (The Love Song of J. Alfred Prufrock)
Thomas Stearns Eliot. Opere, a cura di R. Sanesi Classici Bompiani, 1986.
«S’i’ credesse che mia risposta fosse a persona che mai tornasse al mondo, questa fiamma staria sanza più scosse.
Ma però che già mai di questo fondo non tornò vivo alcun, s’i’odo il vero, sanza tema d’infamia ti rispondo.»
(Dante Alighieri, Inferno, Canto XXVII, 61-66)
L’epigrafe riferisce dell’incontro tra Dante e Guido da Montefeltro, condannato all’ottavo cerchio dell’Inferno. Come Guido, Prufrock crede che il suo racconto rimanga celato, per questo si apre senza timore. È come il soliloquio dell’attore in cui si esprime liberamente con una modalità che fa percepire ciò come qualcosa che non è rivolto ad altri se non a se stesso. In tale discorrere solitario i pensieri emergono e si strutturano senza seguire le regole della logica o le esigenze di compiutezza proprie di un racconto; essi piuttosto vengono regolati nel loro concatenarsi dal flusso variabile ed imprevedibile delle emozioni. Allo stesso modo Guido e Prufrock sono connessi con l’Inferno, uno al cerchio dantesco, l’altro alla Londra moderna entrambi senza scampo. Lo stesso Prufrock nel poema vive personalità multiple e incarna sia Guido che Dante. A volte è il narratore, altre colui che ascolta che rivela la storia del mondo. Alternativamente il ruolo di Guido nell’analogia è infatti occupato da Prufrock, ma il ruolo di Dante è occupato da you, il lettore, come in “Let us go now, you and I”.
“Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock (The Love Song of J. Alfred Prufrock)” fu composto tra il 1910 e il 1911 con il titolo “Prufrock tra le donne”, ma pubblicato per la prima volta solo nel 1917 nella raccolta “Prufrock and Other Observations”, dedicata a Jean Verdenal, amico di Eliot ucciso nel 1915 nella spedizione anglofrancese dei Dardanelli.
“La lirica in questione, che era stata scritta circa sei anni prima e che nel volumetto trovava la sua consacrazione, fu presto interpretata come un’analisi tra il distaccato e il partecipe dell’animo e delle caratteristiche dell’uomo moderno, colto, nevrotico, perplesso rispetto alle complicazioni di un mondo cambiato troppo e troppo rapidamente. Prufrock sembra rivolgersi a una possibile amante con cui vorrebbe stabilire un rapporto. Ma non osa farlo perché immagina i commenti negativi degli altri sui suoi limiti e difetti; e il canto d’amore diventa così un canto di rinuncia. Prufrock continua a porsi degli interrogativi che in realtà sono soltanto delle banalità che rimandano a quella che dovrebbe essere la domanda decisiva che vorrebbe porsi, quella sul senso del mondo moderno. Ma la domanda non la pone, non la esplicita neppure: lascia l’interrogativo al lettore.
La modernità della lirica stava in questo approccio, in cui lo sconcerto che avvolgeva il presente subentrava alle certezze ottocentesche. Stava anche, e soprattutto, nel linguaggio di Eliot. Dai simbolisti francesi aveva preso il ricorso a immagini e a vocaboli appartenenti alla realtà di ogni giorno, volutamente antiestetici nella loro ordinarietà. Cento anni dopo i versi del Canto d’amore mantengono tutta la loro forza. Non solo per la bellezza della poesia che supera la prova del tempo; ma perché anche oggi ritroviamo lo sconcerto di fronte a un mondo che forse, come accadde allora, è cambiato troppo rapidamente e rispetto al quale ci limitiamo a fare domande banali, a parlare d’altro, senza avere il coraggio di fare la domanda decisiva.”
Da: “Cent’anni fa Prufrock parlava di noi”, di Paolo Bertinetti / 6 luglio 2017
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Ritratto di T.S. Eliot by Patrick Heron
Arvo Pärt, Lamentate (excerpt) Olga Scheps, piano Estonian National Orchestra / Bas Wiegers
Charles Bukowski – Dinosauria, we 13 febbraio 1991 Le poesie dell’ultima notte della Terra
Traduzioni di Christian Raimo e Tiziana Lo Porto giugno 2004 by Minimum Fax The Last Night of the Earth Poems – Charles Bukowski 1992 | 1st Edition Black Sparrow Press, Santa Rosa, 1992
Lettura di Luigi Maria Corsanico
György Ligeti Kammerkonzert für 13 Instrumentalisten (1969-70) I: Corrente (Fließend) Ensemble intercontemporain Tito Ceccherini, direction
La poetessa Gabrielle Segal ci invita a riflettere sul nostro futuro con versi che mettono in evidenza la caducità di tutto ciò che facciamo e il nostro modo di pensare su ciò che non ci torna utile. L’acqua si perde scorrendo, il cielo si perde. Luigi legge questi versi mettendo in evidenza, con le diverse intonazioni della voce i passaggi più difficili della poesia, illuminando i momenti di forza, di emozioni di tristezza e di speranza espressi dal pensiero della poetessa
Tutti i fiumi sono un solo fiume
un giorno noi saremo nostri staremo tutti insieme sapremo che non sapevamo nulla che tutto era falso guarderemo la Loira guarderemo la Senna guarderemo l’Hudson e non ricorderemo più nulla l’acqua porterà il cielo e le nuvole il cielo e le nuvole porteranno l’acqua che scorre diremo A perdere un giorno noi saremo nostri sapremo cosa fare non ci sarà niente da…